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ILLUMINAZIONE STRADALE

 

 

 

 

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INDICE :

 

        Aspetti generali

        Sorgenti luminose

        Apparecchi illuminanti

        Sostegni

        Disposizione dei centri luminosi

        Progetto impianto illuminazione stradale

        Alimentazione impianti illuminazione pubblica

        Dispositivi stabilizzatori o di innesco

        Impianti in serie

        Dispositivi di comando e protezione

        Circuito serie con accessori

        Impianti di derivazione

 

 

Aspetti generali.

 

Lo scopo dell’illuminazione stradale è quello di creare condizioni di buona visibilità durante le ore serali e notturne e per garantire condizioni di sicurezza  quando si è al volante di un qualsiasi autoveicolo e per rendere più armonioso l’aspetto estetico di città e paesi.

Una buona illuminazione stradale è favorita da:

   un’adeguata luminanza della strada, la luminanza è tutto ciò che viene creato dalle sorgenti luminose.

Negli impianti di illuminazione stradale si tende ad avere una visione per siluette per la quale gli ostacoli tendono ad apparire come sagome scure su fondo chiaro. La visione per siluette è tanto migliore quanto più basso è il fattore di riflessione degli ostacoli

Si richiede una luminanza sul piano stradale quanto più possibile uniforme, quindi maggiore uniformità sul piano trasversale  che in quello longitudinale per creare un miglior contrasto tra ostacoli e sfondo.

Mancanza di abbagliamento cioè si deve evitare quella sensazione che l’occhio ha quando viene investito da una fonte luminosa..

La realizzazione di una guida visiva, cioè  l’impianto di illuminazione stradale deve collaborare con tutte le misure che vengono prese per rendere il più definito il traffico stradale con l’ausilio di strisce colorate, guard- rails, paracarri con segnali rifrangenti.

 

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Sorgenti luminose.

 

Negli impianti di illuminazione stradale vengono attualmente impiegate:

 

   Lampade a vapore di mercurio a bulbo fluorescente.

In questo tipo di lampada la scarica avviene in vapori di Hg ad elevata pressione entro un tubo di quarzo di ridotte dimensioni, disposto, mediante opportuni sostegni, entro un’ampolla di forma isotermica, ricoperta internamente da sostanze fluorescenti e riempita di azoto, alla pressione di circa 50 mm di mercurio, che ha la funzione di migliorare l’isolamento termico. Con l’aumento della pressione del mercurio cresce l’irradiamento nel campo visibile.

   Lampade a vapore di sodio a bassa pressione.

In questa lampada la scarica avviene in vapori di sodio a bassa pressione dentro un tubo di scarica ad U di vetro speciale. Anche per questa lampada si ha un adescamento a mezzo di elettrodo ausiliario in neon per portare il sodio allo stato di vapore. Una volta raggiunto il regime , circa 20 °C, l’involucro esterno che isola termicamente il tubo scarica ed è ricoperto da ossidi consente di migliorare il regime termico e l’efficienza luminosa della lampada.

   Lampade a vapore di sodio ad alta pressione.

In queste lampade a vapore di sodio ad alta pressione si ha una minore efficienza luminosa ma una migliore res dei colori. La scarica avviene dentro un piccolo tubo di ceramica trasparente molto resistente alle temperature elevate  e alla aggressività del vapore di sodio ad alta temperatura. Questo tubetto è racchiuso dentro un’ampolla esterna a bulbo o tubolare  . L’adescamento di queste lampade avviene a mezzo di un dispositivo  a lamina bimetallica o un elettrodo ausiliario incorporato nelle lampade.

   Lampade tubolari fluorescenti.

I tubi fluorescenti a catodo sono costituiti da un tubo di vetro di diametro variabile da 28 a 54 mm, lunghi da 600 a 1500 mm, portanti ai due estremi ciascuno una ghiera all’esterno due piedini o spine, montati su un supporto isolante, per l’inserimento delle lampade negli appositi portalampade , i piedini sono collegati da un elettrodo  avente lo scopo di emettere elettroni e creare il campo elettrico all’interno del tubo. In queste condizioni il mercurio emette in prevalenza raggi ultravioletti che, si trasformano in radiazioni di lunghezza d’onda maggiore comprese nello spettro visibile.

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Apparecchi illuminanti.

 

Gli apparecchi illuminanti contengono le sorgenti luminose e permettono che il flusso luminoso venga utilizzato in modo da garantire la migliore visibilità su strada, quindi devono essere costruiti con materiali resistenti che ne assicurino la durata nel tempo.

Il sistema ottico è costituito da un sistema riflettente o rifrangente o misto. Ai fini della limitazione dell’abbagliamento gli apparecchi illuminanti si classificano in tre categorie. cut-off (schermato), semi cut-off (semi schermato), non cut-off (non schermato).

Per strade con traffico si adoperano apparecchi di tipo cut-off. Per strade di quartieri residenziali apparecchi di tipo non cut-off. Per calcolare rapidamente l’illuminamento medio di una installazione è utile la curva del coefficiente di utilizzazione poiché fornisce l’aliquota di flusso luminoso emesso dalla sorgente che cade sulla strada in funzione del rapporto fra la distanza del bordo della carreggiata dalla proiezione del centro luminoso e la sua altezza. Il coefficiente di utilizzazione totale è pari alla somma dei due coefficienti K1 e K2 relativi a ciascuna parte della carreggiata rispetto alla proiezione del centro luminoso e dipende dall’inclinazione di montaggio dell’apparecchio sul sostegno.

 

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I sostegni.

 

I sostegni che vengono impiegati negli impianti di illuminazione pubblica sono:

-le mensole a muro in tubo di acciaio curvato,

-le funi d’acciaio testate fra fabbricati di altezza sufficiente che fiancheggiano la strada,

-i pali per illuminazione, i più diffusi sono quelli di acciaio tubolare mannesman con profilo rastremato  o conico e sbracci a frusta . Vengono impiegati anche pali in calcestruzzo armato centrifugato con terminale ricurvo in calcestruzzo vibrato, pali in lega di alluminio e magnesio di sezione ottagonale , pali in resina poliestere.

 

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Disposizione dei centri luminosi.

 

Una razionale disposizione dei centri luminosi deve ottimizzare le seguenti esigenze: ottenere luminanze adeguate ed uniformi, evitare l’abbagliamento, ridurre i costi di installazione ed esercizio. Per ottenere ciò e necessito che:

- l’altezza dei centri luminosi venga scelta pari o leggermente superiore alla porzione di strada da illuminare,

-che l’interdistanza dei centri luminosi venga scelta pari a 3, 4 volte l’altezza dei centri luminosi,-che l’inclinazione dell’apparecchio illuminante venga prescritta dal costruttore dell’apparecchio illuminante.

 

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Progetto di un impianto di illuminazione stradale.

 

Una volta definita la classe dell’impianto da illuminare e scelti i livelli medi di luminanza sulla carreggiata, il grado di uniformità e il tipo di apparecchio illuminante, si possono prefissare, in base a quanto detto, le altezze e interdistanze di installazione e la disposizione dei centri luminosi. Per trovare il flusso luminoso Φ  emesso da ogni centro luminoso si può adottare la formula del flusso totale:

 

Φ = L · km · S / K · D1 · D2

Dove:

 

 L = luminanza media raccomandata per la strada in esame,

 

Km = è il coefficiente medio di luminanza per tipo di apparecchio illuminante e tipo di pavimentazione   stradale,

 

S = è la superficie stradale che compete ad ogni centro luminoso (m²).

 

S = a·b/2 per disposizione bilaterale,

 

S = a·b per disposizione assiale, unilaterale e a quinconce,

 

a = distanza fra i centri luminosi,

 

K =  è il coefficiente di utilizzazione che si valuta sulla base della curva di utilizzazione dell’apparecchio scelto per quell’impianto,

 

D1 = coefficiente di deprezzamento luminoso che tiene conto della diminuzione nel tempo del flusso luminoso iniziale,

 

D2 = coefficiente di manutenzione che considera la riduzione delle caratteristiche di emissione degli apparecchi per effetto del deperimento del sistema ottico dell’apparecchio e per eventuali depositi esterni.

La valutazione dell’uniformità della luminanza può essere ottenuta calcolando i valori della luminanza punto per punto della carreggiata. Tenuto conto che l’illuminamento di un punto P, detta I la intensità luminosa della sorgente diretta verso p, con i simboli

 vale:

 

E = I/h²cos³β

 

La luminanza del punto p risulta:

 

L = q I/h² cos³β

 

Dove q è il coefficiente di luminanza che definisce le caratteristiche di riflessione della pavimentazione in esame e che può essere determinato sperimentalmente. Se più di un centro luminoso illumina il punto P, la luminanza risultante vale:

 

L = Σ L1

 

Con queste relazione, inoltre, è possibile calcolare, per un dato apparecchio illuminante, le curve isoluminanaza relative alla pavimentazione considerata. Sovrapponendo tali curve sulla carreggiata fra centri luminosi successivi per ottenere il grado di uniformità desiderato.

 

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L’alimentazione degli impianti di illuminazione pubblica.

 

Gli impianti di illuminazione pubblica possono essere alimentati in derivazione o in serie. Oggi è preferita l’alimentazione a derivazione, la quale si presenta, di norma, come un impianto di distribuzione radiale tradizionale con un trasformatore in partenza ed i carichi alimentati fra le fasi e il neutro. L’inserzione avviene a mezzo di un teleruttore comandato da un dispositivo a cellula fotoelettrica, per quanto riguarda le protezioni è sufficiente o un normale relè di massima corrente che agisce sull’interruttore a valle del trasformatore o un sistema a valvole. Il pregio degli impianti a derivazione è la loro semplicità costruttiva e l’indipendenza da ogni lampada da un’altra.

 

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Dispositivi stabilizzatori e d’innesco.

 

Reattore.

E’ il dispositivo stabilizzante più economico e diffuso che consiste in una reattanza in ferro di valore opportuno . Esso permette di stabilizzare la lampada con un valore di perdite irrilevante e di assicurare un ottimo reinnesto ciclico anticipando la tensione di 90° circa sulla corrente. Il difetto dei dispositivi in esame sta nella loro cattiva risposta alle variazioni della tensione di rete ed al loro comportamento durante il periodo di riscaldamento. I reattori che funzionano in condizioni ottimali sono quelli che lavorano lontano dalle condizioni di saturazione e quindi quelli dimensionati più largamente.

 

Autotrasformatori a dispersione.

Nel caso in cui la tensione di rete sia inferiore a 220 V , non è consigliabile l’adozione del reattore ma si adoperano degli autotrasformatori a dispersione. Questi consentono di ottenere all’innesco una tensione sufficientemente elevata che corrisponde alla tensione a circuito aperto dell’autotrasformatore.

 

Regolatore a potenza costante.

Questi apparecchi danno alla lampada una potenza costante per oscillazioni della tensione di alimentazione comprese fra il 5%. Il criterio di questo nuovo alimentatore è quello di porre in serie alla lampada una capacità .

 

Accenditori per lampade a vapore di sodio ad alta pressione.

 Per un corretto funzionamento le lampade a vapore di sodio ad alta pressione hanno in genere bisogno oltre che del reattore  di un dispositivo di accensione, l’accenditore.

 

Starter a bagliore.

E’ costituito da un tubetto di vetro contenente3 un gas raro, il neon, e due elettrodi di cui uno fisso e l’altro costituito da una lama bimetallica che incurvandosi lo porta  contatto con il primo , in queste condizioni i catodi della lampada vengono percorsi dalla corrente di corto circuito del reattore e quindi portati a temperatura elevata. Nello stesso tempo essendo cessata la scarica luminescente nello starter, la bilamina si raddrizza ed interrompe il circuito. La forza elettromotrice di autoinduzione che si desta accoppiata al preriscaldamento degli elettrodi è sufficiente in genere a fare avvenire l’innesco.

 

Starter termico.

 I due elettrodi sono inizialmente a contatto e si separano in seguito al riscaldamento generato da un resistore annesso allo starter(fig. 14.15 pag. 390).Il suo funzionamento è uguale a quello dello starter a bagliore.

 

Reattori speciali per lampade tubolari fluorescenti.

 Per le lampade equipaggiate con starter il reattore si riduce ad una semplice reattanza in ferro montata in serie alle stesse.

Negli impianti di illuminazione pubblica sono molto usati i reattori che consentono il funzionamento della lampada anche senza starter.

 

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Gli impianti in serie.

 

Gli impianti in serie sono costituiti da:

 

   Gli alimentatori: gli alimentatori dei circuiti in serie devono soddisfare l’esigenza di trasformare un circuito a tensione costante in un circuito a corrente costante.

       

   Trasformatore a bobina mobile: i trasformatori a corrente costante, di tipo monofase in aria, o in cassa d’olio, sono formati da un nucleo a mantello nella cui colonna si trova una bobina primaria fissa ed una secondaria libera di muoversi in senso assiale, con l’aiuto di un contrappeso. Per i tipi in aria è presente anche uno smorzatore delle oscillazioni a stantuffo. L’azione simultanea delle forze magneto -motrici primarie e secondarie che si destano una volta che il secondario sia chiuso sul carico, dà luogo ad un flusso radiale che, interagendo con la corrente, produce una spinta perpendicolare alle direzioni del flusso e della corrente e quindi assiale. Questa spinta , proporzionale al prodotto del valore del flusso disperso per il valore della corrente nella bobina mobile, risulta proporzionale al quadrato della corrente. L’equilibrio meccanico è possibile solo a condizione che la spinta elettrodinamica eguagli il peso. Dato che il peso risultante della bobina mobile, compresa l’azione degli eventuali contrappesi, è costante, il funzionamento avviene, prescindendo dall’influenza modesta della corrente magnetizzante, a corrente costante.

Dal punto di vista elettrico il trasformatore a  bobina  mobile può essere concepito come un mezzo atto a mantenere costante l’effettiva impedenza primaria indipendentemente dal valore del carico. Ad ogni variazione di questo ne corrisponde infatti una della reattanza di dispersione delle bobine in senso inverso. In condizione di corto circuito le bobine si trovano alla massima distanza  mentre a pieno carico sono a contatto. In questa condizione  la reattanza di dispersione ha il minimo valore e la tensione in uscita è massima.

 

   Regolatori statici a risonanza. I dispositivi statici a risonanza, che consentono la trasformazione da un circuito di alimentazione a tensione costante in un altro di utilizzazione a corrente costante, sono abbastanza vecchi. Le realizzazioni compiute in tal campo sono state molto limitate e, nella pratica abituale degli impianti serie, il trasformatore a bobina mobile ha dominato sempre. Con il diffondersi delle lampade a scarica e con tutti i problemi tecnico-economici che ad esse sono connesse, si è presentata l’opportunità di riprendere seriamente in esame questi regolatori per i vantaggi che essi presentano.

Attualmente sul mercato sono presenti prodotti come il tipo a ponte, che ha trovato applicazione nell’illuminazione ad incandescenza delle piste di aeroporti, ed il tipo a T che è più diffuso nell’illuminazione stradale con lampade a scarica. Entrambi i modelli presentano le seguenti caratteristiche:

 

  1. l’intensità della corrente di uscita è indipendente dalla grandezza e dalla natura dell’impedenza di carico ed è a 90° con la tensione di alimentazione;

 

  1. -la corrente primaria è in fase con la tensione di alimentazione.

 

 

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Dispositivi di comando e di protezione.

 

L’inserzione del circuito serie avviene solitamente a mezzo di un interruttore bipolare automatico, equipaggiato con relè termici e magnetici, in genere telecomandato da un dispositivo a cellula fotoelettrica che adegua l’orario di accensione alla luminosità del giorno. Nel caso in cui si alimentino delle lampade a scarica può essere necessario anche un relè a tempo ritardato che agisca sulla bobina di sgancio dell’interruttore in modo da tenere no alimentato il circuito luce per il tempo necessario al raffreddamento delle lampade quando queste si spengano.

 

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Circuito serie con accessori.

 

Nel caso in cui il circuito di illuminazione serie sia equipaggiato con lampade ad incandescenza queste saranno inserite sul circuito direttamente o a mezzo di trasportatori di corrente. Nel caso in cui le lampade siano inserite direttamente, in parallelo ad ognuna di esse si ha una valvolina di tensione che permette di mantenere la continuità del circuito quando la lampada si brucia. . In tal caso il circuito si interrompe, tutta la tensione secondaria permane ai capi del portalampada e la valvolina di tensione ristabilisce la continuità del circuito. Queste valvoline sono formate, in genere, da due lamelle fra cui viene interposta una “pasticca” avente una tensione di perforazione sufficientemente minore della tensione a circuito aperto del dispositivo di alimentazione. Quando le lampade,di diversa potenza, devono essere inserite sullo stesso circuito, si adoperano dei trasformatori di corrente che hanno anche lo scopo di isolare le lampade dal circuito a M.T.  Sono dei trasformatori che hanno un circuito magnetico a riluttanza maggiore di quella che si riscontra nei T.A di misura. Questo permette di ottenere che a circuito aperto la tensione secondaria sia in genere non più di quattro volte la tensione nominale di lampada, quando questa si brucia, una valvolina di tensione derivata ai capi del secondario del trasformatore lo metterà in corto circuito.

 

Dimensionamento elettrico dell’impianto.

 

La potenza del trasformatore o del dispositivo di alimentazione dell’impianto di illuminazione pubblica viene determinata in base alla potenza di tutte le lampade necessarie per garantire l’illuminamento richiesto, incrementata del 5%.

 

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Impianti di derivazione.

 

-Tensione di alimentazione, nella generalità dei casi l’alimentazione avviene alla tensione unificata monofase di 220V;

-conduttori; gli impianti vengono eseguiti con i cavi sotterranei o sospesi. Il dimensionamento della sezione avviene in base al valore della densità di corrente ammissibile. I circuiti serie di alimentazione delle lampade presentano in genere tensioni superiori a 1kv. Attenzione deve adottarsi per la scelta degli isolamenti considerando anche la loro collocazione.

 

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